Di Carlo Climati
31 Maggio 2013
Il Vescovo di Roma ci aiuta ad uscire dal nostro guscio e ad abbattere divisioni e schieramenti
Stiamo vivendo uno dei momenti più belli della storia della Chiesa. L’arrivo di Papa Francesco rappresenta la realizzazione di un grande sogno: la presenza di un pastore che sfugge completamente agli schemi e che ogni giorno riesce a spiazzare tutti con i suoi gesti fortemente simbolici e con le sue parole che toccano il cuore.
L’immagine più bella, fra le tante, è quella che sta circolando su internet in questi giorni: il Vescovo di Roma sorridente, bagnato, sotto la pioggia, in piazza San Pietro, circondato da un mare di ombrelli colorati.
Quella varietà di colori è il simbolo di una comunità ecclesiale in cui convivono, spesso, opinioni e sentimenti diversi. Ma tutti sono lì, intorno al Papa, sotto una pioggia che non fa paura, perché nulla può fermare l’amore.
E’ proprio di questo che abbiamo bisogno! Essere vicini al Santo Padre, amarlo, seguirlo, sentire la sua mano sicura che ci accompagna. Abbiamo bisogno di abbattere i muri delle divisioni e riconoscere nel successore di Pietro il nostro punto di riferimento.
Per spiegare meglio il mio pensiero, mi permetto di raccontare un episodio personale. Tempo fa mi trovavo in una parrocchia, per tenere una conferenza d’attualità. Fra gli argomenti trattati, ho parlato del dramma della povertà, della guerra, della fame nel mondo, del dominio dei forti sui più deboli. Ho sottolineato la necessità di un dialogo sereno con differenti culture e religioni. Ma nella stessa conferenza ho parlato anche di temi di bioetica, come la tragedia dell’aborto e la rinascita dell’eugenetica.
Alla fine dell’incontro sono stato avvicinato da alcuni giovani che sembravano meravigliati delle mie parole. Uno di loro mi disse: “Ho apprezzato molto la parte della relazione in cui lei ha denunciato lo scandalo della povertà e ha attaccato il capitalismo selvaggio. Però non sono d’accordo sulle idee che ha espresso sui temi di bioetica. Sono sorpreso del fatto che una persona come lei, così aperta e progressista, possa sostenere tesi di bioetica così integraliste”.
Un altro giovane mi disse che apprezzava la mia difesa di quei preti che furono perseguitati per aver appoggiato l’obiezione di coscienza al servizio militare. Ma non condivideva la mia difesa dei medici che si rifiutano di praticare aborti. Evidentemente, secondo lui, esisterebbe un’obiezione di coscienza di serie A (quella al servizio militare) e una di serie B (quella all’aborto).
L’episodio mi fece pensare molto. Mi fece capire quanto i giovani, oggi, corrano il rischio di essere indottrinati da una formazione parziale, incompleta, ingabbiata e soffocante.
La bellezza della Chiesa di oggi è la sua pluralità. Ma c’è il rischio che questa pluralità diventi un guscio in cui ognuno porta avanti i suoi argomenti preferiti, tralasciando quelli che ritiene scomodi.
Esiste, purtroppo, una “Chiesa degli accenti”. Ognuno mette l’accento sui temi che gli sembrano più importanti. C’è chi ama parlare della povertà e chi dell’aborto. C’è chi si batte contro l’eutanasia e chi contro la pena di morte. C’è chi difende la famiglia e chi lotta per la pace e per il disarmo.
Ci sono tante persone di buona volontà, che operano con entusiasmo e spirito di donazione . Il problema è che spesso i differenti schieramenti non si incontrano. Sono chiusi nei loro gusci ed evitano di dialogare tra loro. Parlano solo di certi temi e ne censurano volutamente altri. Questo non aiuta i giovani. Li costringe ad avere una visione superficiale e limitata della realtà che stiamo vivendo.
Se io denuncio lo scandalo della povertà e attacco il capitalismo selvaggio, sono considerato “progressista” o “cattocomunista”. Se dico di essere contro l’aborto, sarò invece bollato come “integralista”.
Fortunatamente è arrivato un Papa che spiazza tutti. Il messaggio che traspare dalle sue parole è chiarissimo: non può esistere una “Chiesa degli accenti”. Non si può essere cristiani a metà. L’interesse per il sociale non dev’essere in contrasto con quello per la bioetica. E’ giusto che il bambino non ancora nato sia amato con la stessa convinzione con cui amiamo i poveri e gli oppressi.
Ricordiamo, non a caso, l’appello di Papa Francesco a “garantire protezione giuridica all’embrione, tutelando ogni essere umano sin dal primo istante della sua esistenza”. E poi, le sue parole di qualche giorno dopo: “Non interessa se la gente muore di fame, se non ha niente. Ci si preoccupa delle banche o della finanza…”.
Grazie, Papa Francesco! Grazie per tutto quello che stai facendo per noi, per la Chiesa e per il mondo.
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